In principio, al taglio, si presentava sempre erborinato, quando era conosciuto da pochissime persone tra cui però spiccava la figura di un re: Carlo Magno.
Buffo che una tecnica nata per fronteggiare una situazione di povertà abbia invece dato i natali ad un formaggio così nobile ed apprezzato.
Torniamo indietro di almeno 500 anni: pensiamo a dei pastori con mandrie di poche bovine, qualche capra e pecore, costretti a realizzare una forma di formaggio da poco latte. Per ovviare a piccole produzioni giornaliere, che stagionate, si sarebbero trasformate in tanta crosta e nulla più, conservavano la cagliata anche per tre o quattro giorni, lasciandola sgrondare ed acidificare.
Quando poi, ottenuto il quantitativo sufficiente per una forma di formaggio, queste cagliate venivano unite, le due strutture non si amalgamavano perfettamente lasciando alveoli d’aria all’interno della forma.
Piccole cavità ideali per la proliferazione naturale della muffa.
Fino al 1700 e oltre, rimane un formaggio quasi sconosciuto, popolare solo dove veniva prodotto: la Val Grana.
Poi finalmente scende dai monti, a valle, tra i mercati, i banchetti, proposto anche come merce di scambio.
E allora, è amore al primo assaggio: un formaggio diverso, inusuale, che regalava un po’ di varietà ad una dieta molto povera e poco variegata.
Viene così conosciuto ed apprezzato, tanto che si ha l’esigenza, per fronteggiare la richiesta, di aprire qualche forma più fresca, dove l’erborinatura non ha ancora avuto modo di fiorire.
Accontenta così più palati: chi preferisce aromi e profumi delicati e freschi o chi, desidera viaggiare attraverso sensazioni più intense e complesse.
Oggi viene soprannominato il Re dei formaggi, forse per il legame a Carlo Magno, primo grande estimatore del Castelmagno, forse per la sua lunga e laboriosa tecnica di realizzazione? Sicuramente per il grande pregio sensoriale ed economico.
In commercio, nelle formaggerie più esclusive, è possibile scegliere tra il Castelmagno di montagna e quello di alpeggio; il primo, riconoscibile attraverso la “sventolina” blu, viene prodotto ad altitudini comprese tra i 600 e 1000 metri, durante tutto l’arco dell’anno.
Il Castelmagno d’alpeggio invece, viene realizzato solo d’estate, con latte di vacche allevate al pascolo su cime alte dai 1000 metri in su. L’etichetta è di colore verde proprio come i prati degli alpeggi estivi.


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