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Alla ricerca del Padano perduto

Le mie considerazioni

Fetta di Grana Padano

Ormai mi ero quasi rassegnato. Io, che vendevo formaggi, non avevo in assortimento un buon Grana Padano DOP., il formaggio italiano più venduto al mondo, anzi il formaggio in assoluto più venduto al mondo.

Non potevo crederci, e questa cosa mi arrovellava il cervello. Come mai non riuscivo a trovare un Grana Padano DOP diverso dalla media? Sembravano tutti uguali, tutti con gli stessi pregi e gli stessi difetti. Non c’era quasi differenza tra un produttore e un altro, anche il prezzo era quello, livellato al ribasso con una specie di lassismo generale, tipo:” Fai Grana Padano DOP? No Alpitur? Ahi, ahi, ahi!”.

E io, che mi ero prefissato di trovare e proporre i migliori formaggi al mondo, che cosa potevo fare?
Intanto rispondevo, a chi me lo chiedeva, che lo stavo cercando, ma non lo avevo ancora trovato.

Avevo avuto anche l’invito a partecipare ad un importante “pannel” degustativo, per eleggere il miglior Grana Padano per una guida di una importante testata giornalistica. Ero così contento e speranzoso, avrei assaggiato in una volta i formaggi di più di 20 produttori. La speranza ben presto lasciò spazio alle considerazioni finali: nessun wow, nessuna differenza rimarchevole, qualche sfumatura sì, leggermente diversa o appena più marcata, nulla di più. Media voto? Media.

Ero triste.

Visitavo innumerevoli caseifici, molto spesso enormi con innumerevoli caldaie da riempire per ottimizzare i turni di produzione.

Quasi tutti, per procurarsi il latte utilizzavano dei conferitori esterni, più o meno conosciuti. Il latte che portavano aveva un prezzo imposto dalle logiche di un mercato nato anni fa, che oggi incomincia a perdere di logica, perché produrre con queste regole non permette miglioramenti.

 

 

Le mie riflessioni

“Chi produce del latte migliore, (biologico, senza mangimi, lattifere al pascolo, etc.) sicuramente più costoso, non viene preso in considerazione, deve fare altro, qui nel consorzio più grande del mondo, non può essere premiato”. Questo era il mio dubbio.

“È logico” pensavo “se sei un produttore e accetti qualsiasi tipo di allevamento e qualsiasi nutrimento per la lattifera, abiliti l’allevatore ad un solo mantra: produrre più latte possibile. E così è stato. Nel corso degli anni, la ricerca si è mossa per questo e per questo veniva pagata.

All’inizio le normative dei disciplinari e la politica dei Consorzi hanno fatto il bene dei prodotti da loro tutelati. Ma ora? Sono ancora attuali?

Il Grana Padano tipico e la sua produzione

Un noto allevatore francese quando venne a vedere dove si faceva il formaggio più venduto al mondo disse:” ho fatto tanti chilometri in tutte le regioni di produzione e la cosa che mi ha colpito di più è che non ho incontrato nemmeno una vacca”. Si aspettava di vedere prati e ruminanti al pascolo, che invece erano “nascosti” nelle stalle. Tutta la filiera del Grana Padano DOP, nel corso del tempo, ha sostenuto una selezione genetica delle “lattifere da primato” produttivo (numero di litri pro-capo), agendo anche sull’alimentazione degli animali  e le automazioni.

Sono da lodare le innovazioni italiane che hanno portato l’intera filiera a produrre il formaggio più venduto al mondo. Ma non è il più buono! A volte non è buono per niente, non tanto per il sapore o per il profumo ma forse perché - come la pizza se la farina non è solo farina, se l’impasto lievita anche nel tuo stomaco, se il pomodoro è “acquoso”, se la “fior di latte” non è “fior di latte”- ha perso i suoi valori nutrizionali. E ci sarebbero trattati da stendere, e forse ripensare che cosa significa “prodotto di qualità”.

C’è poca cultura alimentare nel paese in cui si mangia meglio al mondo, mentre la mia cassetta della posta continua a propinarmi volantini con la Margherita a 5,00 €, e se ne compro due mi regalano anche la bibita.

Il Made in Italy classico tradizionale e l'alternativa

Credevo (falsamente) che il Made in Italy fosse effettivamente avanti anni luce rispetto a tutti, ma godiamo di una nomea, che se continuiamo così, perderemo sicuramente.

Nella mia piccola esperienza di assaggiatore, chi ha scelto di allevare le vacche al pascolo (o nutrirle con erba), in regime biologico certificato, o in alpeggio seguendo le fioriture estive, prediligendo il latte crudo, il siero-innesto, mi ha fatto gustare prodotti memorabili. Prodotti per cui “si fanno chilometri”(nel mio gergo gourmand) per poterli riassaggiare, quasi per possederli, godendo di averli scoperti!

“L’ultimo ! Prometto! È l’ultimo Grana Padano DOP che compro per assaggiarlo”, dico alla mia contabile. Se guardo a cosa ho speso in assaggi, lo vedo nello specchio, nella mia figura ormai in sovrappeso. “Dai Vale,[Valentina Bergamin n.d.a.] prepara: cartellini, tagliere, coltello a goccia Pavia che facciamo le foto!”.

Comincia il rito dell’assaggio

L’aspetto è un po’ penalizzato dal taglio a filo… però guarda che bei cristalli di Tirosina… 12 mesi, 24 mesi, 36 mesi… e i profumi… , il gusto…, le consistenze…

Primi sguardi con gli altri assaggiatori seduti al tavolo. All’inizio timidamente, perché abbiamo la regola di non influenzarci, poi i primi accenni di intesa. Gli occhi che sorridono, le mani con gesti inequivocabili, perché il "pezzetto" è ancora in bocca e... non si parla con la bocca piena!

Iniziano i mugolii di piacere. Le prime parole, sempre più decise, definitive, poi un crescendo di entusiasmo, di gioia e di felicità.
Inebriati riassaggiamo, aggiungiamo alle note scritte, nuovi aggettivi, nuovi chilometri da percorrere.

Perché è buono, è lui, l’ho trovato!

Marco Magni

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