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Arrivano gli inglesi

Sicuramente qualcuno lo avrà detto, magari con tono di spregio, in una delle infinite e accese diatribe fra popoli di diverse nazioni, o tra tifoserie campanilistiche di qualche sport più o meno nobile; ma siamo nel mondo dei formaggi dove il latte unisce, dove cerchiamo il formaggio più buono, quello del territorio, lo troviamo e lo condividiamo con i compagni di tavolo, amici e sconosciuti.

Più lavoro nel mondo caseario più mi ritrovo affascinato da tutto quello che assaggio, dalle storie delle persone che producono caci in giro per il mondo, dai contadini più rurali e a quelli oramai “evoluti” che hanno abbandonato le vesti di lana grezza e sono diventati raffinati conoscitori di alta cucina e discutono con gli chef che li hanno riconosciuti. È un’evoluzione! Continua, costante, inesorabile, dettata dalla conoscenza, dagli assaggi illuminanti, dalla ricerca, dallo studio e dalla applicazione.

Alcune di queste caratteristiche le ritrovi nei formaggi sempre più belli, puliti, ricchi ed eleganti (o forse sono io che mi invento somiglianze). Ecco i formaggi inglesi sono così, hanno tanto da dire e dare, tanto da impegnarti nella degustazione, mai banale e di difficile oblio.

Sono eleganti e precisi; si parte dalle schede nutrizionali, da venditore di alimenti ne ho viste parecchie ma mai così … perfette. Un po’ come quando vai a Londra e vedi come si mettono in fila, allineati, calmi, ben vestiti (o forse sono io che mi invento similitudini).

Poi come sono imballati e come si presentano, a guardarli bene si capisce che sono inglesi ma è all’assaggio che regalano ovviamente il meglio, i Cheddar con almeno 20 primavere, i Caerphilly, i red Leicester, i blu con Stilton Stichelton e Shropshire in prima fila, per finire anzi iniziare con il Baron Bigod, a tutti gli effetti una crosta fiorita molto simile al Brie, ma con differenze apprezzabili, che si possono ricercare.

 

 

 

 


Vi invito a conoscerli, a ottobre il secondo appuntamento del mese, sarà riservato a loro e ai loro racconti.


 

Un’immagine mi arriva, pensando a questi formaggi, quella di una tavola apparecchiata con cura e di persone che parlano serene, mentre degustano questi formaggi. Come coi vini da meditazione quando finito di cenare si rimane in compagnia a raccontarsi le storie di vita.

Ecco formaggi da meditazione, questa potrebbe essere la loro dimensione.

Calore, equilibrio poi acido e salato, struttura rigida e gessosa ma poco dopo solubile e burrosa. Frutta secca ma anche fresca e un elenco di vegetali da far invidia ad una ratatouille. Belli gli inglesi, mica tutti ovviamente, stiamo sempre selezionando le migliori creazioni casearie, ma sono giornate come queste, assaggi mai banali, che mi fanno credere sempre più di essere sulla strada giusta nella ricerca di esperienze da suggerire nel nostro negozio e nelle nostre serate.

Vi invito e vi aspetto per un assaggio, le parole scritte sono l’esperienza di un altro e il cibo si può raccontare, ma interessano di più quelle che direte quando seduti davanti a questi formaggi, racconterete la vostra storia di vita.

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